Il nome della rosa by Umberto Eco

Il nome della rosa by Umberto Eco

autore:Umberto Eco [Eco, Umberto]
La lingua: ita
Format: epub, azw3
Tags: Fiction, General
ISBN: 9788858706152
Google: QMfSLZ-4iC4C
editore: Bompiani
pubblicato: 2012-01-09T23:00:00+00:00


Quarto giorno

TERZA

Dove Adso si dibatte nei patimenti d’amore, poi arriva Guglielmo col testo di Venanzio, che continua a rimanere indecifrabile anche dopo esser stato decifrato.

In verità, dopo il mio incontro peccaminoso con la fanciulla, gli altri terribili avvenimenti mi avevano fatto quasi dimenticare quella vicenda, e d’altra parte, subito dopo essermi confessato a frate Guglielmo, il mio animo si era sgravato del rimorso che avevo avvertito al risveglio dopo il mio colpevole cedimento, tanto che mi era parso di aver consegnato al frate, con le parole, lo stesso fardello di cui esse erano la voce significativa. A che altro serve infatti il benefico lavacro della confessione, se non a scaricare il peso del peccato, e del rimorso che comporta, nel seno stesso di Nostro Signore, ottenendo con il perdono una nuova aerea leggerezza dell’anima, così da dimenticare il corpo martoriato dalla nequizia? Ma non di tutto mi ero liberato. Ora che passeggiavo al sole pallido e freddo di quella mattinata invernale, circondato dal fervore degli uomini e degli animali, cominciavo a ricordare gli avvenimenti passati in modo diverso. Come se di tutto quanto era accaduto non rimanessero più il pentimento e le parole consolatrici del lavacro penitenziale, ma solo immagini di corpi e di umane membra. Mi balzava alla mente sovreccitata il fantasma di Berengario gonfio di acqua, e rabbrividivo di ribrezzo e pietà. Poi, come per fugare quel lemure, la mia mente si rivolgeva ad altre immagini di cui la memoria fosse fresco ricettacolo, e non potevo evitare di vedere, evidente ai miei occhi (agli occhi dell’anima, ma quasi come se apparisse innanzi agli occhi carnali), l’immagine della fanciulla, bella e terribile come esercito schierato in battaglia.

Mi sono ripromesso (vecchio amanuense di un testo mai scritto prima d’ora ma che per lunghi decenni ha parlato nella mia mente) di essere cronista fedele, e non solo per amore della verità, né per il desiderio (peraltro degnissimo) di ammaestrare i miei lettori futuri; ma anche per liberare la mia memoria appassita e stanca di visioni che per tutta la vita l’hanno affannata. E quindi devo dire tutto, con decenza ma senza vergogna. E devo dire, ora, e a chiare lettere, quello che allora pensai e quasi tentai di nascondere a me stesso, passeggiando per il pianoro, mettendomi talvolta a correre per potere attribuire al moto del corpo i battiti improvvisi del mio cuore, soffermandomi ad ammirare le opere dei villani e illudendomi di distrarmi nella loro contemplazione, aspirando l’aria fredda a pieni polmoni, come fa chi’ beve del vino per dimenticare timore o dolore.

Invano. Io pensavo alla fanciulla. La mia carne aveva dimenticato il piacere, intenso, peccaminoso e passeggero (cosa vile) che mi aveva dato il congiungermi con lei; ma la mia anima non aveva dimenticato il suo volto, e non riusciva a sentire perverso questo ricordo, anzi palpitava come se in quel volto risplendessero tutte le dolcezze del creato.

Avvertivo, in modo confuso e quasi negando a me stesso la verità di quanto sentivo, che quella povera, lercia, impudente creatura che



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